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Presentazione della mostra antologica presso l'Accademia delle Arti del Disegno - Lara Vinca Masini
Può apparire abbastanza difficile, ad una prima visione, riuscire ad unificare in un filo conduttore i diversi modi in cui si manifesta l'iter pittorico di Cesare Dei nei venti anni di lavoro che questa antologica raccoglie. È che la spiegazione e il denominatore comune di tutta la sua attività di pittore sono da ricercare fuori dalla pittura, nel suo vivere quotidiano, nelle molteplici angolazioni nelle quali - e in ognuna con carattere di univocità - si manifesta la sua multiforme attitudine. Sono, a mio avviso, queste angolazioni, tutte componenti essenziali, fondamentali, necessarie a creare quel suo mondo di interessi che si completano e si compensano a vicenda, giustificando un tipo di monade espressiva, quale si manifesta la sua, pur nelle multiformi, talvolta sconcertanti variazioni. È questa componente di base, che giustifica anche le varianti, le riprese a distanza di temi e di moduli, in una sorta di flusso a ritmi dilatati, che costituisce il fulcro della pittura di Cesare Dei. Egli è, forse prima di tutto, toscano - e fiorentino - e come tale non può fare a meno di considerare la sua città un microcosmo in cui tutto accade, e quel che accade altrove è come se vi accadesse, perché tutto vi passa ad un vaglio inesorabile, razionalizzato e astrattizzato, se così si può dire; e tutto ciò che non passa questa trafila è come se non esistesse, è messo al bando, non disprezzato, ma ignorato intenzionalmente, senza riserve: hic sunt leones!
Ha, in secondo luogo, la fortuna di avere una famiglia deliziosa, simpatica e felice, e ne è - a ragione - responsabilmente orgoglioso. Vive in una splendida zona di Firenze, tra le poche ancora intatte, che conservano una dimensione quesi privata, in cui ancora il passo dell'uomo costituisce un rapporto commisurabile. È scrittore fortunato, di vena felice, di fiabe per bambini; fiabe sorridenti, fresche, delicate, nelle quali distilla una fantasia gentile, e attraverso le quali illumina la sua visione e i suoi rapporti con la vita quotidiana: le figlie (l'una il 'gatto', l'altra il 'cagnetto' di casa); gli animali che ancora vede dalla sua finestra - gatti sempre in cerca di carezze e di rifugio; cani dapprima cuccioli sventati e festosi nei giardini; poi intristiti e urlanti, a catena, presso i cancelli; colombi, passeri, rondini -. Ed ecco Il pulcino Pip, Il Micio così così; ecco il bianco, saggio colombo Sennone, ecco la cicogna, burbera e benefica, dell'Isola blu; ecco il suo mondo fantastico, a confronto col suo mondo reale, trasfigurato. È, infine, insegnante di educazione artistica; attività alla quale si dedica con un impegno sempre rinnovato. Ne è testimonianza il suo libretto Educart, che si propone come guida semplice, diretta, strumentale, all'uso appropriato delle diverse tecniche artistiche.
Tutte queste molteplici applicazioni della sua personalità, e tutte portate avanti con la stessa vivacità di impegno e di interesse, si travasano, per Cesare Dei, nella pittura, ne divengono la trama sotterranea il suo 'diario di uomo', non in senso documentaristico, ma come trasposizione di idee, di sentimenti, di fantasia, di esperienza.Il primo periodo, tra il '52 e il '55 (a mio parere, anche uno dei più felici), lo ha visto più legato ad un certo momento di cultura, che a Firenze ha avutouna intonazione particolare: si tratta di una sorta di recupero metafisico del purismo quattrocentesco toscano, filtrato attraverso la lezione di Morandi e di Carrà, e attraverso il mondo letterario govoniano del 'realismo magico'. Dei lo interpreta in maniera personale, con questa sua attenzione 'purista' agli 'interni', che egli risolve con nitore, chiarezza e limpidezza di colori, con rigore sintetico, con un intimismo sempre contenuto e vigilato. Sarà poi il discorso che Dei riprenderà, con diverso intento, nel '57-'58, quando il carattere 'metafisico' si farà più scoperto e diretto. E sarà superato da tutto il momento ('60-'63) che chiamerei 'informale' anche se tutti i guazzi su tempera di Dei di questo periodo affrontano il tema attraverso un naturalismo di base, direi quasi un animismo, che ha, infatti, una sua alternativa contemporanea nella minuziosa descrittività di lavori come Olivi, in cui l'elemento grafico ha l'insistenza di una certa grafica tedesca del cinquecento.
È seguito un periodo in cui le immagini, affioranti come larve da un fondo scuro, hanno perso ogni riferimento naturalistico, attingendo forse, più che alla realtà esterna, alla realtà della sua immaginazione e delle sue favole. Si trattava di immagini luminescenti, contorte in danze stregate, quasi spiriti silvani, incappucciati come in certi Caprichós di Goya; gli spiriti, forse, di quegli stessi rami intrecciati e contorti, che arrivano poi a rivelarsi, in violente esplosioni, nelle corazze ramificate di demoni ferrigni, in accenti espressionistici.A questo punto ('64-'65) si è avuto, forse come necessaria reazione e come necessità di autoliberazione, il periodo geometrico di Cesare Dei. Periodo che mi sembra da intendersi come fatto di elaborazione interiore, di 'regole' assolute, di reinvenzione di nuove leggi di una sua geometria percettiva che chiarisse una sua necessità interiore di misura e di ordine razionale.
«La ripetizione come costante inevitabile delle cose viventi.
La ripetizione come prigione della varietà.
La variazione come unità di misura della ripetizione.
L'unità nella pluralità.
L'organicità dell'insieme rispecchiata in ogni frammento.
Ogni insieme come nuovo frammento.
Asimmetria nella simmetria, dinamica nella statica.
Imitazione della Natura come accordo di valori mutevoli in circostanze mutevoli.»Così egli presentava, allora, le ragioni di questo suo momento di ricerca, che forse è anche il più affine alla sua attività didattica.
Ma è anche attraverso questo momento 'geometrico' che si può capire la ragione del suo più recente periodo 'metafisico', che della sua prima 'metafisica' ha conservato soltanto la dimensione di certi 'interni' e il ricordo di certo purismo quattrocentesco.
Oggi il mondo figurale di Cesare Dei è popolato di personaggi 'simbolo' la cui essenza non è nella natura, ma nella ragione e nella geometria. Si collocano, perciò, come personaggi di un mondo che, come quello della tecnologia - e della fantascienza - nasce dall'uomo.
Lara Vinca Masini, 1971